E’ uscito GENOMA, progetto solista di Alessandro Seravalle (GARDEN WALL)
Seconda tappa discografica per GENOMA, progetto solista di Alessandro Seravalle (GARDEN WALL), viaggio auto-esplorativo supportato da una radicale dimensione elettronico-ambientale.
Second work for GENOMA, solo project of Alessandro Seravalle (GARDEN WALL), self-exploratory journey supported by a radical-size ambient-electronic.
“From soul to soul, from child to child, from human being to human being”
“Il tentativo denominato Genoma si configura come una sorta di sonda spedita al mio interno, quello più gelosamente custodito e nascosto al mondo, il nucleo originario del mio spirito. Sia improntata all’esacerbazione dell’elemento razionale oppure al recupero di porzioni di caos pulsionale, la sonda sonica mira sempre al salvataggio del bambino in me. Si tratta di costruire un’innocenza seconda, un’innocenza al quadrato mediante una sorta di penetrazione-rotazione di 360 gradi. L’innocenza al quadrato è conditio sine qua non dell’approdo a un’espressione autentica. Già i Garden Wall tentano di rompere con la finta maschera della performatività rock fatta spesso di insopportabili clichès, primo fra tutti quello pseudo-erotico della rockstardom. Se nei Garden Wall questo sforzo è perseguito all’interno di una collettività, in Genoma sono solo. Il silenzio (“melodioso” lo direbbe Cioran), inteso ossimoricamente come negazione-assenza del suono e, al contempo, sua origine e presupposto, è più spinto e consente quindi l’apparire, per brevi istanti e in figure evanescenti, della maschera del bambino. Una maschera che si configura qui non più come mezzo di nascondimento, d’inganno e di simulazione ma anzi come istanza decisiva per un’epifania dell’anima, per un mettersi pudicamente a nudo.
Contrariamente all’italiano la lingua inglese condensa in un solo verbo, “to play” (in tedesco “spielen”), tre aspetti che non dovrebbero rimanere disgiunti.
Si può infatti “play music or an instrument” (l’italiano “suonare”), ma si può anche “play a game” (“giocare” in italiano) o, ancora, “play a tragedy or a comedy” (“recitare”). L’aspetto del “play” inteso come “suonare” è d’immediata comprensione visto che, evidentemente, è di musica che andiamo discorrendo. Vorrei soffermarmi molto brevemente sui rimanenti due. L’elemento ludico è altrettanto cruciale. Si è soliti pensare al gioco come a qualcosa di poco serio, frivolo e meramente divertente. Niente di più falso (come ha mostrato Huizinga nel suo Homo ludens). Il gioco determina invece una cornice di riferimento ben precisa dalla quale non si può evadere senza con questo “uscire dal gioco” e, di fatto, annullarlo. Il ludos, a livello intuitivo, si lega in modo immediato alla maschera del bambino. È questo l’elemento che fornisce propulsione alla sperimentazione, con i suoi richiami alla manipolazione (agita sul corpo stesso del suono) e che incarna il motore della curiosa ricerca. Quanto a “to play” nel suo significato di “recitare” il legame con la maschera è persino dell’ordine dell’autoevidenza. Ancora una volta occorre ribadire che ci troviamo di fronte a una maschera che consente l’autenticità piuttosto che dissimularla, autenticità che, a sua volta, è condizione imprescindibile della comunicazione. Vestendo un’altra maschera (e al musicista rock spesso un altro genere di maschera, più pernicioso, viene quasi imposto dalla struttura sociale nella quale si trova ad agire) il messaggio rischia di risultare inficiato, falsificato ab initio e dunque la comunicazione, che dovrebbe costituire, accanto alla componente auto-terapeutica, il fine principe del fare musica e arte in generale, non può che risultare abolita.
È dall’intersecarsi, dall’avvoltolarsi e dal compenetrarsi inestricabile dell’elemento sonoro-musicale, di quello ludico-sperimentale e di quello performativo-empirico-comunicativo che Genoma prende forma.
Genoma è quindi mezzo per andare alla ricerca del bambino interno, l’Alessandro più autentico (ammesso che ne esista uno…dubitare sempre!), offrire le sue paure e i suoi fantasmi trasfigurati (e proprio qui s’innesta la valenza auto-terapeutica, in una specie di decompressione, sempre parziale, attraverso l’espressione), ma anche le sue scoperte e i suoi sorrisi (dolci visti da qui ma forse già venati di amarezza) al vostro ascolto.
Da anima ad anima, da bambino a bambino, da essere umano ad essere umano”
Alessandro Seravalle
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